Salvo che per le reti ad alta velocità interne al territorio italiano, il trasporto ferroviario non è mai riuscito a sostituire, per importanza, quello su gomma. Mentre le strade per auto e camion sono considerevolmente aumentate di numero ed estensione, dal dopoguerra la rete per i treni si è progressivamente ridotta.
Si riparla di rete ferroviaria dopo l’annuncio del ministero dei Trasporti, che ha ‘cassato’ il treno ad alta velocità Torino-Lione a causa di un’analisi costi-benefici risultata poco conveniente (anche se, sui numeri in questione, c’è una grande polemica). Indipendentemente dai costi e dalle ricadute ambientali, perché il TAV, e il trasporto di merci che ne sarebbe derivato, non è stato abbracciato dalla politica come un toccasana?
CULTURA
Si tratta di una questione culturale: il trasporto via ferro in Italia ha problemi strutturali che si rincorrono senza soluzione dalla notte dei tempi. Il trasporto merci, in particolare, è messo ancora peggio di quello pendolare – nonostante quest’ultimo sia afflitto da ritardi, coincidenze perse e guasti di ogni tipo.
INVESTIMENTI
Secondo i dati dell’associazione Fercargo, la quota di trasporto merci su treno nel nostro Paese è pari al 12%, contro il 70% della Svizzera (che sta investendo pesantemente ancora oggi con Alp Transit), il 25% della Germania e il 35% dell’Austria. I numeri parlano chiaro: in dieci anni, dal 2008 al 2018, sui binari italiani si è passati da 71 milioni di treni/chilometro al 47,4 milioni. Insomma, investimenti zero.
TERRITORIO
Le cause per un disinteresse così marcato sono molteplici, ma se vogliamo pure ingiustificabili. Prendiamo ad esempio la struttura orografica italiana: è vero che il territorio è frastagliato, montuoso e instabile, ma ugualmente accade in Giappone, ove il servizio ferroviario è eccellente. Idem per la Cina. Con le capacità ingegneristiche italiane, sarebbe possibile superare ogni ostacolo territoriale, come del resto è stato fatto per costruire autostrade dall’incredibile sviluppo (si pensi agli altissimi viadotti degli Appennini). Il problema è che l’Italia è arrivata tardi: ora sul territorio c’è meno spazio per i treni (e meno soldi a disposizione rispetto alla corsa al ferro di due secoli fa).
IMPRESE
Le piccole e medie imprese non riescono a fare massa per riempire un treno? Questo perché la rete non è capillare né rapida. Per questo motivo si sceglie il trasporto su gomma, l’unico che può arrivare a destinazione in modo celere. Quando però c’è un interporto che funziona, c’è sempre molto lavoro. L’interporto logistico di Mortara, in provincia di Pavia, era passato in 8 anni (dal 2009 al 2017) da 10mila treni movimentati a 50mila.
BUROCRAZIA E PROBLEMI TECNICI
Ci sono poi dei problemi tecnici evidenti. I treni merci italiani sono davvero corti, appena 550 metri rispetto ai 750 del resto dell’Europa. Le economie di scala si riducono per ampie percentuali, attorno al 30%. Per quanto riguarda le licenze e i certificati di sicurezza (i primi rilasciati dal ministero dei Trasporti e i secondi da Ansfisa, l’Agenzia per la sicurezza di ferrovie, strade e autostrade) in Italia i documenti non valgono su tutta la rete, ma solamente per comparti geografici. Se una licenza è valida solo per singole tratte della rete, la burocrazia diventa mastodontica. Per far partire un nuovo treno bisogna aspettare 6-12 mesi con una licenza in possesso e ben 18 mesi per una nuova azienda ferroviaria. Infine c’è il problema delle gallerie e dei valichi, troppo stretti e bassi per far passare buona parte dei trasporti merci (uno dei motivi per fare il TAV era proprio questo).
COSTI
In Italia resiste la figura del doppio macchinista, presente per ragioni di sicurezza. I costi lievitano per questo motivo del 10%. Per far uscire un treno dai porti e dagli interporti bisogna mettere a budget un bel po’ di soldi: le manovre ferroviarie incidono sul 25% dei costi totali.
Più che altro è ambiguo il rapporto tra le società autostradali e le ferrovie, che ricadono entrambe sotto il cappello del Ministero dei Trasporti. Pur sapendo che la rete ferroviaria ha problemi, potenziarla significherebbe, a lungo termine, liberarsi di traffico e inquinamento, nonché ridurre gli incidenti stradali. Si perderebbero però i pedaggi autostradali.
fonte: Yahoo notizie
2 Comments
Giovanni Migliore
Nella mia esperienza di trasportatore indipendente trovo farraginoso e complesso l’utilizzo del trasporto ferroviario. Tra l’altro non vi è affatto una riduzione dei costi, concordo però sul ridotto inquinamento di questo tipo di trasporto alternativo.
Martino Merilli
Sicuramente la burocrazia pesa moltissimo nel settore del trasporto multimodale!
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